Verso la chirurgia conservativa
La chirurgia ha sempre rappresentato uno dei pilastri nella terapia del cancro della mammella. Fino dall'antichità venivano praticati interventi sulla mammella ma è solo nel 1984 che Halsted pubblicò i risultati ottenuti con l'intervento di mastectomia radicale (consistente nella asportazione in blocco della mammella, dei muscoli grande e piccolo pettorale e dei linfonodi presenti nel cavo ascellare omolaterale) che sembrava essere l'unico che garantisse l'asportazione completa del tumore e delle sue vie di diffusione prima che avesse il tempo di estendersi a tutto l'organismo.Negli anni 60 grazie ai progressi fatti nel campo della diagnostica strumentale si è affermata la ipotesi che il cancro è una malattia generale fino quasi dal suo esordio in quanto capace di generare precocemente micro-metastasi e la precocità della diagnosi permette di asportare tumori piccoli e quindi capaci di produrre metastasi in un numero più limitato rispetto alla potenzialità di neoplasie più grandi.
Nacquero, pertanto, naturali aspettative nei riguardi di trattamenti meno mutilanti e molti studiosi iniziarono a premere per l'attivazione di studi clinici randomizzati alla ricerca di una alternativa terapeutica alla mastectomia di Halsted.
Il 1 luglio 1981 venne pubblicato sul New England Journal of Medicine il lavoro di Veronesi che confrontava i risultati fra mastectomia e quadrantectomia (intervento molto più conservativo) per neoplasie mammarie di diametro inferiore a 2 centimetri e dimostrava che la sopravvivenza a cinque anni era uguale e non dipendeva dal tipo di intervento a cui erano state sottoposte.
Quando il 2 luglio 1981 il New York Times pubblicizzò con un articolo a cinque colonne in prima pagina poi ripreso da tutti i quotidiani e periodici americani questi risultati le reazioni da parte dei chirurghi furono le più diverse. All'inizio fu una dura e difficile battaglia fare accettare al chirurgo demolitore che la conservazione non solo non era dannosa ma anzi costituiva un apporto estremamente positivo per l'equilibrio psicologico della donna e per il suo atteggiamento nei confronti della malattia. Ci vollero alcuni anni per fare accettare questi risultati nella realtà modenese e, solamente, il 21 ottobre 1987 (sei anni dopo la pubblicazione dello studio) praticai il primo intervento conservativo per neoplasia mammaria.
In pochi mesi gli interventi conservativi passarono da zero alla maggioranza.